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Per sopravvivere "I Krel" - "I Quelli" proseguivano la loro attività di session man. Tra un disco di Battisti e uno di De André, Di Cioccio fu "prestato" all’Equipe 84. Il fatto, inusuale per l'epoca, avvenne nel 1970, in occasione del rilancio dell’ Equipe, che era in gara al festival di San Remo, in coppia con Lucio Dalla. Loro avevano bisogno di un batterista fisso per otto mesi, "I Krel"- "I Quelli"  di cambiare casa discografica. Dal momento che ambedue i gruppi appartenevano alla stessa etichetta, la Ricordi, era l'occasione giusta per chiedere uno scambio di cortesie. In questo modo "I Krel"- "I Quelli"  riuscirono a liberarsi dal vecchio contratto: lasciarono la Ricordi e seguirono altri dissidenti - tra cui Lucio Battisti, Alessandro Colombini e Mogol - che, essendo in aperto contrasto con la linea artistica della casa milanese, si apprestavano a fondare una nuova etichetta discografica, la Numero Uno.
L’opportunità di debuttare in versione progressiva, arrivò proprio dal Festival di San Remo di quell’anno. Furono scritturati dal "Whisky Club", un locale adiacente al Teatro Ariston, per suonare come attrazione alternativa in una città invasa dalle canzonette. "Niente cose commerciali" era stata la richiesta, "ma solo la trasgressiva energia della pop music". In quella trasferta il ruolo di Di Cioccio come musicista in prestito assunse aspetti davvero curiosi. Dalle venti alle ventitré, vestito di tutto punto, si esibiva educatamente in diretta televisiva sul palco del salone delle feste del Casinò. Più tardi raggiungeva gli amici al locale, cambiava abito, genere musicale e tornava ad essere un'istintiva, sudata macchina da ritmo. Il loro repertorio era perfetto, arrangiato ad arte per catturare l’attenzione degli ascoltatori e consisteva principalmente in cover di brani, particolarmente difficili, delle band più all’avanguardia del momento. Il pubblico, che ogni sera gremiva il piccolo club per vedere il gruppo che faceva 'cose turche' - come si diceva allora - confermò che quella era la strada giusta. Dopo la fase sanremese e la firma del contratto con la Numero Uno, venne il momento di pensare al cambiamento del nome. Ci voleva un taglio deciso con il passato, anche se erano ben consci che in quel modo avrebbero perso tutte le piazze dove si esibivano come "I Quelli" e "I Krel"- "I Quelli" . Il nuovo nome doveva essere diverso da tutto ciò che si era gia sentito, come per esempio i soliti nomi di animali tanto in voga negli anni Sessanta. La cosa non si dimostrò facile e dopo interi pomeriggi passati a immaginare ipotesi, la scelta si restrinse a due soli nomi: Isotta Fraschini e Forneria Marconi. Scelsero il secondo, con l'aggiunta di Premiata. Alla Numero Uno qualcuno obbiettò che "Premiata Forneria Marconi" era un nome troppo lungo, ma la filosofia del gruppo era chiara: più il nome era difficile da ricordare, più sarebbe stato difficile da dimenticare. Questa linea ebbe la meglio. La scelta, molto originale, si rivelò giusta, tanto da creare una moda che contagiò l’Italia musicale degli anni Settanta. Insomma, a quel punto c'erano tutti gli ingredienti per iniziare la nuova avventura: la voglia, la grinta, un repertorio funambolico e anche il nome. Mancava solo la buona occasione per farsi conoscere dal grande pubblico. Franco Mamone, già impresario di "I Quelli", intuì, insieme a Francesco Sanavio, la fine della stagione delle balere. Da impresari di provincia, i due si trasformarono in promoters dei gruppi internazionali più importanti del momento. Mamone si propose come manager della Premiata e, in cambio, li fece esibire come supporter nei concerti da lui organizzati. Iniziarono con i Procol Harum, poi con gli Yes, approdando subito dopo all’avvenimento della stagione: fare da supporter ai Deep Purple la più grande rock band del momento. L’idea era un po’ azzardata, ma il coraggio e una bella dose di faccia tosta hanno sempre accompagnato le scelte della Premiata. Il tam tam del popolo del rock incominciò a farsi sentire e portò lontano l’eco di quella bellissima serata. I tempi stavano proprio cambiando e ovunque si organizzavano i cosidetti festival pop. Fu proprio in uno di questi raduni che si presentò un’altra grande occasione, che permise al gruppo di crescere artisticamente. Accadde nell’ estate 1971, alla pineta di Viareggio, dove c’era in programma il primo "Festival di Avanguardia e nuove tendenze". Era il raduno pop più importante dell’anno e vi si erano date appuntamento tutte le realtà emergenti della nuova musica italiana. La manifestazione richiedeva l’esecuzione di un brano inedito e Franco Mussida, che già in passato con "I Quelli" aveva composto canzoni, durante un viaggio in camioncino da Torino a Milano scrisse mentalmente La carrozza di Hans . Nei giorni seguenti il brano fu arrangiato e preparato per l’occasione. A Viareggio la Premiata sorprese tutti con un'esibizione memorabile: dopo un inizio elettrico e travolgente, tra lo stupore generale, Mussida prese la chitarra classica e, con i suoi dolci arpeggi, fece volare il pubblico nella favola di Hans, il mercante di sogni. Fu un trionfo e la PFM vinse il festival, a pari merito con Mia Martini e gli Osanna.
Le registrazioni di Storia di un minuto seguirono di poco l’uscita del loro primo 45 giri (Impressioni di Settembre e La Carrozza di Hans ). La realizzazione dell'LP fu il frutto di una scelta ben precisa: suonare in studio tutto dal vivo, per imprimere al disco l'inconfondibile marchio di energia e immediatezza che li distingueva.

Sull’onda del grande entusiasmo per il successo del primo disco, la Premiata tornò in sala d’incisione per registrare il secondo LP. Volevano tentare il grande salto verso l’Europa. Il secondo LP, Per un amico era volutamente diverso dal primo ed aveva un respiro più internazionale. I fatti che seguirono lo confermarono. Il 20 Dicembre del ‘72, al PalaEur di Roma, Greg Lake assistette al concerto di presentazione dell'album. Era fatta. Li portò a Londra, alla Manticore, l'etichetta di E.L.&P. dove li aspettava Pete Sinfield, poeta dei King Crimson.

Sinfield, allora produttore di successo dei Roxy Music, ascoltò il loro concerto di presentazione londinese riservato agli addetti ai lavori e disse: "Scriverò i testi e produrrò i ragazzi perché voglio continuare con loro il discorso che ho interrotto coi Crimson della prima formazione. Mi piace molto la calda mediterraneità della loro musica progressiva". Nel Gennaio del ‘73 la Premiata tornò di nuovo a Londra per registrare il loro primo LP internazionale al Command Studio. Per ironia della sorte la nuova formazione dei K. C., guidata da Robert Fripp, stava registrando Larks tongue in aspic nella sala accanto alla loro: evidentemente era destino che le due strade si incrociassero. La nascita di Photos of Ghosts , versione in inglese di Per un amico , coincise con il ritocco al loro nome perché in Gran Bretagna non centravano affatto la pronuncia, al punto che ogni intervista era uno spasso a base di storpiature linguistiche a dir poco grottesche.

La più ricorrente suonava pressapoco così: Premiatiniconi Fornaroncini Marconcinetti... "Meglio la sigla P.F.M." sentenziò Sinfield, "più facile e internazionale". Al concerto di presentazione della band, che avvenne il 24 marzo1973 all’ABC Fhulam Theatre di Londra, l’accoglienza da parte dei critici fu calda come una birra alla spina. "Questi musicisti non sono niente male" dicevano, "ma sono italiani... " Dovettero ricredersi molto presto però. Forti del successo radiofonico del singolo Celebration , versione inglese di E' festa , la PFM partecipò con successo al festival di Reading.

 

Nonostante il boicottaggio da parte dell’organizzazione, che alla fine dell’esibizione tolse loro la corrente, adducendo pretestuosi problemi di orario, tutto il pubblico scattò in piedi per chiedere a gran voce un bis che, purtroppo, non fu possibile concedere. Ma la sorpresa maggiore arrivò dagli Stati Uniti dove l’album entrò inaspettatamente nella classifica di Billbord. Era un evento quasi incredibile perché l'affermazione, di per sé già difficile per un band inglese al debutto, era inpensabile per un gruppo non anglofono, per di più italiano. Tutto cominciava a girare bene e non per nulla le conferme arrivavano ininterrotte. Nei referendum di due prestigiose testate musicali britanniche, Melody Maker e New Musical Express, la PFM si piazzò al secondo e terzo posto tra i gruppi rivelazione dell’anno.

In Italia tutti erano quasi increduli di fronte all’eccezionalità del successo, che si estese in tutta Europa grazie alla fortunata tournée con Pete Sinfield e Mel Collins.



In quel periodo facevano un concerto dietro l’altro. Su tutti spiccano due esibizioni di prestigio: al festival del jazz di Zurigo e al celebrato festival di Montreaux, nella serata dedicata al pop europeo. Furono due momenti di grande emozione. Il primo mutamento nell’organico della PFM avvenne prima della registrazione del terzo album. La necessità di avere un suono sempre più personale ed efficace spinse il gruppo alla ricerca di un musicista con doti vocali. Furono vagliate diverse ipotesi tra cui, su suggerimento di Sinfield, anche la candidatura di John Wetton, buon bassista-cantante madrelingua. L’incontro che diede una svolta al gruppo avvenne nell’estate del ‘73. Durante una session all’Altro Mondo di Rimini, Franz e Mauro incontrarono Patrick Djivas. Suonava con gli Area, un gruppo di grande capacità espressiva il cui linguaggio spaziava tra jazz, musica etnica e sperimentazione. Patrick, dopo qualche giorno, entrò nella Premiata, affascinato dall'opportunità di suonare nel giro internazionale. La sua partecipazione coincise con la registrazione del terzo Lp, L'isola di niente , che avvenne all’Advision Studio di Londra.

La cultura musicale di Djivas, ricca di sfaccettature, ampliò la capacità compositiva della band e suggerì spunti etnici come quello che anima La luna nuova. La sua vena jazzistica, che si appoggiava al comune amore per il R&B e il rock, contribuì invece ad ampliare gli spazi dell’ improvvisazione. L’isola di niente , chè uscì sul mercato inglese col titolo "The world became the world", rispetto ai precedenti LP, aveva una musicalità nuova ed una maturità artistica solida e completa.

Fu con questa formazione che avvenne la svolta americana.

Solidità ritmica, virtuosismo e brani originali erano le particolarità che permisero al gruppo di entrare nel circuito delle band più importanti.

Per tutto il 1973 fino all’inizio del ‘74 si susseguirono una serie di tournée in Italia, Gran Bretagna e, in tutto il resto d' Europa, insieme ai Ten Years After di Alvin Lee. L’entrata di Photos of Ghosts nelle classifiche americane di Billboard, il premio della critica giapponese che lo decretò il miglior album dell’anno e i risultati del pop poll di Melody Maker, dove PFM conquistò il secondo posto nelle Brightest hopes, davanti a gruppi come i Supertramps e gli Eagles, convinse la Manticore al grande passo. Era giunto il momento di organizzare il primo tour promozionale negli Stati Uniti per il lancio del secondo album americano, The world became the world.. Fu proprio durante questo tour che Mario Medius, allora direttore artistico della Manticore a New York, ebbe l’idea di registrare i concerti della band italiana. In questo modo, davvero casuale, nacque Cook, il primo live ufficiale di PFM, edito in Italia con il titolo Live in Usa.
In giro per il mondo
Con l’album Cook conquistarono il 150° posto nella classifica di BillBoard, un grande traguardo per una band italiana
  
       Alla loro prima apparizione a Los Angeles registrarono per sei giorni il tutto esaurito al "Whisky Club" (un nome che continuava a portare loro fortuna) ripetendo lo stesso successo al Raimbow e al Golden Bear. Forse fu il loro momento magico, quello tanto atteso. Ormai suonavano con star del calibro di Allman Bros, Santana, ZZ Top, Poco, Beach Boys, Dave Mason, etc. Stavano crescendo e ci avviavano ad entrare nella rosa degli artisti più richiesti dal vivo.
Effettuarono 50 concerti da costa a costa nei primi due mesi e parteciparono a festival all’aperto con punte record di presenza di 250.000 persone, come quello di Charlot Speedyway. E ancora: concerti live in tv, tra cui The midnight Special e In concert insieme a Steppen Wolf ed Harbie Hancock.
Ma i sacrifici, soprattutto in termini economici ed affettivi, cominciarono a farsi sentire. Per "rompere" negli States, ovvero ottenere un grande successo così come accadde poi a Peter Frampton che divideva con loro management e tour, bisognava stare in giro almeno per un anno. Frampton lo fece: restò in tour fino alla fine, registrando in chiusura l’LP Frampton comes alive. Il ferro andava battuto finché era caldo, ma i nostri amici non avevamo fatto i conti con la nostalgia dell’Italia. Il sogno americano si era rivelato troppo impegnativo e, rinunciando al vantaggio acquisito in quattro mesi di tournée ininterrotta,tornarono a casa. Giunti in Italia, decisero subito due cose: creare un nuovo assetto all’organico e dare un break agli impegni. L’intenzione era ancora una volta quella di introdurre un altro elemento, un vocalist,che sollevasse un po’ tutti dalla responsabilità del canto lasciando a loro più spazio per l’esecuzione musicale. La scelta, dopo una serie di ricerche, cadde su Bernardo Lanzetti cantante dall’Acqua Fragile, un gruppo prodotto dalla Premiata. Lanzetti era dotato di una vocalità robusta, capace di reggere l’impatto sonoro di una PFM nel pieno della sua maturità. Inoltre aveva una certa padronanza della lingua inglese-americana poiché aveva studiato in un college del Texas, particolare determinante dati gli impegni internazionali del gruppo.
Con la nuova formazione cominciarono a registrare il nuovo LP Chocolate Kings . Lanzetti si inserì molto bene, con una notevole prova vocale e una partecipazione attiva ai testi, scritti da Pagani e Marva Jean Marrow. lanzetti.jpg (34745 byte)

Le musiche erano di Premoli e Mussida. L’album venne accolto bene in Italia anche se alcuni critici ebbero da obiettare sulla decisione di abbandonare la doppia versione per cantare direttamente in inglese. Il nuovo LP fu registrato con l’ormai collaudato metodo del live in studio. Era una scelta obbligata, ma anche sentita, poiché il pubblico si aspettava da loro quel tipo di energia. Chocolate Kings fu pubblicato in Gran Bretagna ottenendo critiche molto favorevoli. Questo consenso, che li riconfermava di nuovo a livello internazionale, li convinse ad accogliere l’invito per una tournée in Giappone.

    

Lì potevano contare su un nutrito stuolo di fans della musica progressiva che aspettava da anni di poterli vedere dal vivo. I concerti di Tokyo, Osaka e Nagoya, festeggiati con la consegna del disco d’oro, furono un trionfo. Il calore e la partecipazione del pubblico giapponese rimane a tutt’oggi uno dei momenti più intensi della loro attività musicale. Subito dopo quella tourneé volarono in USA per la quarta tournée americana. Anche negli States la nuova formazione riscosse grandi consensi da parte del pubblico, mentre la stampa accolse l’ultimo LP con diverse critiche per via dei testi non proprio filo americani. Nel frattempo, Chocolate Kings era entrato tra i Top Twenty nella classifica degli album più venduti in Gran Bretagna, quasi a compensare la tiepida accoglienza del mercato americano. Tornarono in Europa per la quarta tournée inglese.

Il momento più bello di quel tour fu la tappa conclusiva, il concerto alla prestigiosa Royal Albert Hall. Proprio in quell’occasione, durante le prove, ricevettero l’onore di una visita inaspettata da parte della Regina Madre. A Sua Altezza, amante della musica italiana, dedicarono l’adagio di Albinoni suonato al Moog da Premoli. La sera invece, durante il concerto, era presente la TV italiana con la troupe di "L’altra domenica" di Renzo Arbore, per testimoniare un successo internazionale che, solo qualche anno prima, risultava essere impensabile. Al ritorno da quella tournée Pagani, stanco del continuo girovagare da una nazione all’altra e sfinito dagli impegni che lasciavano ormai poco spazio alla ricerca personale, decise, in comune accordo con tutti, di uscire dalla band per seguire un proprio percorso individuale. In quel momento la PFM decise di prendersi una pausa di riflessione.

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Contaminazioni - Nuove strade per il rock -

Con l’uscita di Mauro si chiudeva un ciclo, per certi versi pionieristico ed un po’ avventuroso, che li aveva portati a raggiungere traguardi insperati. Ma se entrare nel circuito internazionale dei concerti e delle classifiche era stato un bel risultato, ormai era tempo di cercare nuovi stimoli e spunti creativi. La prima idea fu quella di introdurre una seconda chitarra per dare più respiro a Mussida, creando così un sound completamente diverso dal precedente. In seguito pensarono ad un sax, ricordando la bella esperienza effettuata con Mel Collins durante la tournée europea con Sinfield. Alla fine, però, decisero di restare in cinque, anche per concentrarsi meglio sulla scrittura del nuovo materiale. Provarono moltissimo, per non perdere la forma artistica particolarmente felice di quel periodo. Erano decisi a rientrare nel giro americano dopo la frenata avuta con Chocolate Kings , LP che in USA non fu mai accettato come in realtà avrebbe dovuto meritare, a partire dalla copertina (la bandiera americana accartocciata non era proprio piaciuta). Del resto anche da parte del Music Businnes c'era stato un raffreddamento degli entusiasmi, ma in questo caso le ragioni non erano certo di carattere patriotico, bensì d’interesse: per alcuni managers dell’area del rock era l’occasione giusta per potersi sbarazzare di una delle band più forti dal vivo, un gruppo italiano che dava fastidio a molti artisti locali. Per fortuna non tutti erano d’accordo su quella specie di ostracismo culturale e la casa discografica Electra Asylum, dopo che il suo presidente li ebbe ascoltatati dal vivo alla Royal Albert Hall e in occasione di Old Gray Wiste Taste (un importante programma televisivo), decise di averli nella sua scuderia.
Partirono alla volta di Los Angeles e firmarono il nuovo contratto. Erano entusiasti di questa nuova avventura americana e il lungo soggiorno in California permise loro di assimilare i nuovi fermenti musicali di quell’area, specialmente il jazz-rock, un genere dagli arrangiamenti sofisticati i cui estimatori stavano aumentando. Fu un passo che la PFM fece quasi inconsapevolmente, seguendo l’istinto dettato dal luogo e dal momento storico. Gli amici dell’epoca erano Frank Zappa, Jaco Pastorius, Billy Chobam, Lenny White e molti altri del giro rock jazz della West Coast: era praticamente impossibile non rimanere coinvolti.
Proprio mentre stavano provando il materiale del nuovo LP, si presentò nella loro casa adibita a sala prove un musicista californiano: Greg Bloch. Greg, dai grandi baffi, fondatore degli It’s a beautiful day, era un eccellente violinista, suonava con Mark Almond band e vantava una partecipazione nel gruppo di Gato Barbieri. PFM non aveva intenzione di prendere un nuovo violinista, ma la musicalità di Greg, ricca di sfumature che spaziavano dal jazz alla musica classica fino al country, fu veramente convincente. Dopo alcune prove, la band decise di farlo entrare nel progetto Jet Lag .
Jet Lag , titolo emblematico, é un'espressione che indica la confunsione accusata da molti dopo il rapido sbalzo di fuso orario causato da un lungo viaggio in aereo. Ma Jet Lag , per la PFM, aveva anche una seconda chiave di lettura: era un viaggio musicale immaginario, un confronto, tra radici diverse, giocato sui continui e repentini cambi di identità che i componenti della band eravamo costretti ad affrontare ogni volta che, lasciato il loso paese, ci tuffavano nelle cultura americana.
Il progetto era molto affascinante, ma concepito in un momento in cui la musica progressiva era in una fase involutiva. Il nuovo lavoro fu pronto nel Gennaio ‘77, quando nelle radio americane la musica da PFM, ovvero quella degli album, stava attraversando un momento poco favorevole. I tempi stavano cambiando, il fenomeno Punk era alle porte ed il mercato discografico stava rivolgendosi sempre di più alla dance music. Tuttavia Jet Lag , per la particolarità del progetto, ebbe un buon riscontro di critica e raccolse gli elogi dell’ala più intellettuale del pubblico californiano. Il sapore mediterraneo ed il linguaggio rock jazz di matrice weastcoastiana furono gli ingredienti che fecero di quell’album, secondo un autorevole parere della stampa americana, una dei più begli esempi della contaminazione tra mondi musicali differenti, avvicinati tra loro da musicisti che vivono contemporaneamente le due realtà.
La copertina di Jet Lag fu inserita nel libro "The illustrate history of the Rock Album Cover " che raccoglie le più belle copertine del mondo, mentre PFM si guadagnava un posto ufficiale nell’Illustrated New Musical Express Enciclopedia of Rock.. Con Jet Lag nacque anche l’etichetta della PFM, la ZOO record, che voleva essere un punto di incontro per lo sviluppo delle nuove correnti musicali italiane.

bis01.jpg (59155 byte) Dopo l’avventura di Jet Lag , che di fatto chiuse il periodo americano, decisero di restare nell’ambito italiano per ritrovare stimoli e cercare nuove ispirazioni. Col successivo album Passpartù si avvicinarono ad una dimensione più acustica e tornarono a cantare in italiano.

      
Per quanto riguardava i testi si decise una collaborazione con Gianfranco Manfredi mentre la copertina dell’album vide il debutto nella discografia di Andrea Pazienza, un astro nascente del fumetto.
Anche i concerti subirono una piccola rivoluzione. La formazione divenne più aperta e, dal vivo, fu fatto posto ad alcuni ospiti: Roberto Colombo alle tastiere e Roberto Haliffi alle percussioni. I concerti della nuova tournée ricevettero una accoglienza carica di curiosità e coinvolgente entusiasmo, ma l’album non diede i risultati sperati. Inoltre Lanzetti non riusciva a trovare un ruolo preciso e, dopo quell'ultima esperienza, lasciò la band iniziando una carriera solista, orientata verso un rock di matrice americana. Ancora una volta bisognava ripartire da capo, con stimoli ed esperienze del tutto nuove.
Il gruppo era giunti ad un bivio del suo percorso artistico, proprio mentre sulla scena mondiale si preannunciava un periodo di riflusso. Si intravedeva una crisi di identità, ma erano convinti che bisognasse affrontarla con determinazione.

Esorcizzarono i dubbi con una nuova tourneé, convinti che il palco ed il pubblico li avrebbero rivitalizzati. Durante un concerto in Sardegna ritrovarono l’amico Fabrizio De André, col quale a suo tempo avevano collaborato nell’album La buona novella . De André rimase colpito dalla loro capacità musicale dal vivo, perciò, proprio in quella occasione, Di Cioccio gli propose di fare una tournée insieme. Secondo gli addetti ai lavori era un’idea azzardata ma il cantautore, dopo aver ascoltato alcuni arrangiamenti di PFM delle sue canzoni, si convinse. E lui, così schivo e restio alle apparizioni in pubblico, diede a tutti una lezione di coraggio. Per la prima volta un cantautore ed un gruppo si unirono per dare vita ad un progetto live. La tournée fu un grande successo di critica e di pubblico.

pfmfa601.jpg (65433 byte) La musica, riarrangiata e rivitalizzata con nuovi spunti, riusciva a creare intorno ai testi alcune sensazioni che facevano volare la fantasia dello spettatore, scoprendo nuove suggestioni nei brani che già amava.
L’originalità di quella scelta artistica, così atipica, fu ripagata con la soddisfazione di vedere nascere subito dopo altre operazioni di questo genere. Da quella esperienza PFM ricevette una notevole carica e una grande lezione: era vero che il pubblico amava i virtuosismi ma, come dimostrava l'ovazione che accoglieva la voce di De Andrè fin dall'inizio di ogni sua canzone, erano i testi a restare più a lungo nella memoria collettiva. Si convinsero che erano un grande veicolo di comunicazione, da loro spesso trascurato per dare più spazio alla musica. Ma non era questa l’unica riflessione che il gruppo fece dopo quella fortunata tourneé. Compresero che mancava anche un front man che facesse datrait d’union tra il palco e gli ascoltatori. La esuberanza di Franz lo indusse ad accettare di ricoprire questo ruolo. Lo fece con entusiasmo, seguendo l’esempio di altri batteristi che prima di lui avevano già fatto quella scelta.
Il nuovo progetto, che coincise con la chiusura dell’esperienza ZOO Record e il conseguente contratto discografico con la RCA, nacque all’insegna della completa autosufficenza, con un ritrovato spirito di gruppo e un grande entusiasmo, elementi indispensabili per quella che si preannunciava come la scommessa degli anni 80.

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